Il Palazzo dei Trinci a Foligno è, nell’Italia centrale, l’edificio più significativo ed emblematico della cultura e del gusto che caratterizzò l’affermarsi delle signorie cittadine sullo scorcio del Medio Evo, quando, dopo il ritorno dei pontefici nella sede romana, si ridisegnava il complesso assetto dei poteri e degli equilibri tra gli stati.
Divenuto palazzo apostolico e destinato a molteplici usi residenziali e amministrativi, Palazzo Trinci ha attraversato i secoli subendo danni e manomissioni e incorrendo, verso la fine del Settecento, in una “cancellazione” delle sue splendide pitture murali, che solo dopo l’unità nazionale cominciarono a riaffiorare dalle scialbature e dalla polvere delle soffitte, approdando all’attenzione dell’erudizione tardo-ottocentesca e degli studi storico-artistici.
La perdita, ritenuta sinora pressoché totale, dell’opera murale di Gentile da Fabriano – quella che ne consacrò maggiormente la fama attraverso il giudizio dei contemporanei – ha sinora impedito lo studio a tutto tondo della personalità artistica di Gentile da Fabriano e ha posto molteplici problemi nella ricostruzione della sua formazione e del suoi percorso artistico
Un sicuro punto di partenza è ora l’attenta valutazione dei risultati del restauro e la possibilità di verificare dal vivo le tecniche pittoriche utilizzati su muro da Gentile da Fabriano e dai suoi. Una assoluta identità sembra collegarle alle informazioni che ci erano già note attraverso i documenti conservati a Fano, relativi ai pagamenti del lavoro nella cappella del Broletto di Brescia commissionata nel 1414 dal Pandolfo Malatesta. La lista dei materiali impiegati, delle loro quantità, dei costi, della provenienza e dei fornitori più accreditati sembra quasi una contabilità già approntata nelle stanze di Palazzo Trinci: una gran quantità di “stagnolo”, un esagerato numero di “pezzi d’oro e di arzento battuti”, la “ciera” per rivestire la malta nelle parti rilevate e le “vernici” da intendersi come misture oleoresinose da adoperare come adesivi, mecche per trattare i metalli, colori traslucidi per ottenere particolari effetti, e poi pigmenti preziosi come gli azzurri oltremarini e i cinabri.
Negli anni 1991-1999 si è svolto un impegnativo restauro che ha in gran parte smontato lo storico intervento di Colarieti Tosti, ormai invecchiato nei materiali e nelle scelte: l’accumulo di polveri, l’alterazione dei fissativi e delle ridipinture, i distacchi profondi e superficiali degli intonaci, il sollevamento di scaglie di colore, hanno richiesto un accurato intervento conservativo, una complessa pulitura, una problematica ripresentazione estetica. L’operazione di rimozione dello sporco è risultata assai lunga e difficoltosa, non solo per la tenacia degli strati sovrammessi, ma per l’interazione creatasi fra quegli strati e parti della materia originale. Il film di fissativi antichi conservava infatti la testimonianza di situazioni tecniche non più esistenti attraverso le impronte lasciate al negativo da lamine e parti rilevate in cera o stucco, strappate o cadute. Si è dovuto pertanto effettuare una pulitura differenziata, che ha permesso il mantenimento di una sottile sezione dello strato di sporco nelle zone interessate dalle impronte, per garantire la conservazione delle tracce che ci riferiscon dell’estensione e della tipologia di quelle decorazioni.
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Indice dell’articolo:
i CICLI PITTORICI DI PALAZZO TRINCI E LA TECNICA NELLA PITTURA MURALE DI GENTILE DA FABRIANO
Vicende conservative di una dimora signorile
Gentile da Fabriano a Foligno
Programma iconografico e modalità realizzative degli affreschi
IL RESTAURO DEGLI AFFRESCHI
Il recupero di Palazzo Trinci
Il restauro attuale
La tecnica esecutiva
Note
Bibliografia
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Di Giordana Benazzi e Perizia Felicetti
Estratto da Kermes 42 (Aprile-Giugno 2001) – pagine 13-27
ARTICOLO IN VERSIONE DIGITALE IN FORMATO PDF – DIGITAL VERSION IN PDF FORMAT
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