La disinfezione delle patine biologiche sui manufatti lapidei: biocidi chimici e naturali a confronto

La disinfezione delle patine biologiche sui manufatti lapidei: biocidi chimici e naturali a confronto

La colonizzazione biologica dei monumenti esposti all’aperto è un processo che coinvolge diversi gruppi di microrganismi, fotosintetici e non, e che porta alla formazione di patine variamente colorate. Per contrastare la diffusione delle patine biologiche sui materiali lapidei, i restauratori generalmente eseguono dei trattamenti di disinfezione con prodotti chimici ad azione biocida.

I biocidi utilizzabili nel campo della conservazione dei beni culturali non sono numerosi in quanto debbono rispondere a diversi requisiti quali l’efficacia a basse concentrazioni nei confronti degli organismi bersaglio, la non interferenza con il materiale costitutivo dell’opera, e i bassi rischi per l’uomo e per l’ambiente.

disinfezione patine biologicheNegli ultimi anni, l’applicazione delle norme in materia di biocidi (Direttiva Comunitaria 98/8/CE del 16 febbraio 1998 recepita in Italia dal D. lgs. 174 del 25/02/2000; Regolamento UE n. 528/2012) che regolano l’immissione sul mercato di prodotti al fine di garantire un elevato livello di protezione per l’ambiente e per la salute umana, ha comportato una notevole riduzione del numero dei principi attivi applicabili nel settore del restauro, eliminando quelli più efficaci a causa della loro persistenza nel tempo e del conseguente fenomeno di bioaccumulo nell’ambiente.

Per colmare questa carenza, le principali ditte fornitrici di prodotti per il restauro hanno proposto composti contenenti isotiazolinoni. Ricerche condotte su materiali lapidei colonizzati da microflora fotosintetica e briofite, hanno dimostrato una buona attività biocida di queste molecole e, quindi, la loro validità nelle operazioni di disinfezione [Bartolini 2007; Borgioli 2006]. Attualmente, nell’ottica di un restauro ecocompatibile, l’interesse di molti ricercatori si sta spostando sull’utilizzo di biocidi a basso impatto ambientale come gli estratti naturali di piante.

A tal riguardo, importanti risultati sono stati ottenuti utilizzando alcuni oli essenziali, attivi su diversi ceppi fungini, nella disinfezione di materiale cartaceo [Guiamet 2006; Valdes 2016; Borrego 2016; Rakotonirainy 2005]; invece gli studi sul loro impiego nella disinfezione dei manufatti lapidei sono ancora molto pochi [Devreux 2015, Levinskaitė 2012; Stupar 2014a; Stupar 2014b] e l’argomento richiede ulteriori approfondimenti.

La presente ricerca si propone di verificare l’efficacia in situ di alcuni biocidi chimici recentemente proposti per il mercato del restauro e di tre oli essenziali. La sperimentazione è stata condotta su alcuni manufatti lapidei colonizzati da microflora fotosintetica, situati nel Cimitero acattolico per gli stranieri a Roma, un luogo di sepoltura tra i più antichi in Europa che accoglie le spoglie di un gran numero di artisti, scrittori, studiosi e diplomatici. Il sito è stato selezionato poiché gran parte delle lapidi monumentali presenti nell’area sono interessate da intense colonizzazioni biologiche rappresentative delle principali alterazioni dei materiali lapidei esposti all’aperto.

Materiali e metodi

Per i test in situ, sono stati individuati due manufatti in marmo bianco che presentavano due diverse tipologie di patina biologica composte prevalentemente da microrganismi fotosintetici. In un caso si è scelta una tomba esposta al sole, interessata dalla presenza di una patina omogenea, sottile, molto aderente al substrato e di colore variabile dal grigio al nero (figg. 1 a, b); nell’altro si è presa in considerazione una lapide collocata a ridosso di un muro, in posizione parzialmente ombreggiata, che presentava una vistosa patina verde (figg. 1 c, d).

Per la caratterizzazione delle specie che componevano il consorzio microbico, si è eseguito un campionamento delle due alterazioni e si è utilizzato il materiale biologico raccolto per le indagini al microscopio. Lo studio dei caratteri morfo-anatomici dei microrganismi è stato condotto su materiale fresco al microscopio ottico in luce trasmessa (Leica DM RB) corredato da un sistema digitale di acquisizione di immagini Leica DC 500 (DBase IM 1000).

I biocidi oggetto della sperimentazione sono stati i seguenti:

– due formulati chimici, il New Des 50 e l’Algophase che, pur mantenendo il nome simile o uguale a quello che avevano in precedenza, sono ora proposti con una nuova formulazione: nel New Des il benzalconiocloruro è stato sostituito dal didecil-dimetil ammonio cloruro, un sale di ammonio quaternario che non contiene il gruppo benzilico ma due catene alchiliche a dieci atomi di carbonio; nell’Algophase la piridina è stata sostituita con un benzoisotriazolinone;

– l’Algochene contenente lo stesso principio attivo dell’Algophase ma con una formulazione di uso diversa;

– tre oli essenziali quali Origanum vulgare, Thymus vulgaris e Syzygium aromaticum;

– il Preventol RI80, prodotto ampiamente utilizzato nei cantieri di restauro e di comprovata efficacia, utilizzato come biocida di riferimento.

Nella tabella 1 sono riassunte le specifiche tecniche delle sostanze sperimentate, le concentrazioni e i solventi utilizzati.

I biocidi sono stati applicati a pennello su riquadri di circa 20 cm2 omogeneamente colonizzati dalle due biocenosi scelte per la sperimentazione, mantenendo delle zone di rispetto tra i tasselli. Il trattamento di disinfezione completo ha previsto tre applicazioni distanziate di circa 7 giorni l’una dall’altra.

La valutazione dell’efficacia dei biocidi è stata condotta con i seguenti metodi:

– osservazione visiva delle aree test;

– analisi colorimetrica;

– analisi dei livelli di autofluorescenza delle cellule fotosintetizzanti per la valutazione della vitalità residua.

L’analisi colorimetrica è stata eseguita per misurare i cambiamenti cromatici delle patine a seguito dell’applicazione dei biocidi analizzando le zone prima e dopo i trattamenti. Le misure sono state effettuate con un colorimetro Chroma Meter CR 200 (Minolta) secondo la norma UNI EN 15886 [UNI 2010]. Su ogni area sono state effettuate 10 misure, i risultati sono stati espressi come valori medi.

L’analisi dell’autofluorescenza si basa sulla caratteristica delle cellule vegetali in buono stato di vitalità di emettere luce rossa, per fluorescenza, quando eccitate con un’appropriata fonte di luce blu-violetta; il fenomeno è prodotto dalle molecole di clorofilla ‘a’ presenti nelle cellule. Quando il biocida agisce sulle cellule provoca la degradazione della clorofilla con un conseguente cambiamento delle proprietà di fluorescenza e la perdita di emissione nel rosso. Si possono così distinguere le cellule vitali da quelle morte e il loro conteggio rappresenta un indice dell’efficacia del trattamento di disinfezione. L’indagine è stata condotta su campioni di patina prelevata da ogni riquadro dopo il trattamento; il materiale è stato osservato al microscopio ottico in luce fluorescente, corredato con lampada HBO 50 Watt, filtro di eccitazione passabanda 450/490 nm e filtro di sbarramento a 520 nm. Il calcolo delle cellule vitali è stato condotto osservando, per ogni vetrino, 10 campi visivi individuati lungo le diagonali; per ogni campione l’osservazione è stata effettuata su tre preparati a fresco [Bartolini 2001].

Preliminarmente alla sperimentazione in situ dei prodotti naturali, sono stati eseguiti test di laboratorio per verificare eventuali fenomeni di interferenza cromatica degli oli essenziali con il materiale lapideo poiché in letteratura non sono riportati dati per questa classe di biocidi. Le prove sono state effettuate su provini in marmo di Carrara applicando gli oli alla concentrazione del 10% (per stressare i possibili effetti) misurando le variazioni cromatiche mediante colorimetro.

(… L’articolo integrale è contenuto nel numero 33 del Bollettino ICR)

Autori:
Marco Bartolini, Biologo, ISCR
Anna Maria Pietrini, Biologo, ISCR

Bollettino ICR 33

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